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Da Anterem 81 (“Poetiche del pensiero”)

Existentialisme et matérialisme dialectique

Traduzione di Alessio Rosoldi

Museo della Rivoluzione Vietnamita, Hanoi, visita nel tardo pomeriggio. Nella sua opera del 1949 “Existentialisme et matérialisme dialectique”, Tran Duc Thao è a favore di una filosofia concreta in opposizione alla prevalente filosofia esistenzialista della sua epoca. Dopo aver acquistato i nostri biglietti da una donna molto bella. Secondo Tran, l’astrazione domina la filosofia esistenzialista perché aderisce alla teoria fenomenologica. Saliamo dei gradini neri per arrivare al secondo piano, dove, come ci dice un cartello, inizia la mostra. L’epoché, o la pietra angolare della filosofia di Husserl. Seguendo le indicazioni di un custode, continuiamo a camminare lungo un ampio corridoio ricoperto di piastrelle color crema, e bordato con battiscopa  neri.

 

Consente ad Husserl di porre un ego trascendentale “al di fuori del mondo”. L’autore si siede davanti ad un dipinto a quattro tavole nere, mentre un giovane con una giacca nera gli passa di fronte lemme lemme. Mentre Heidegger, da parte sua, supera Husserl, riconoscendo che l’ego trascendentale di quest’ultimo è “un sé concreto e temporale”. Nel dipinto è raffigurata una pagoda circondata da alberi di specie diverse. Secondo Tran, ci riesce riconoscendo che l’essere-nel-mondo deve essere analizzato in termini di “realtà umana”.  Due estintori rossi sono poggiati a terra pronti per essere usati, con le impugnature a forma di tenaglia rivolte in direzioni opposte. Tuttavia, per Tran Duc Thao Heidegger non va abbastanza lontano nella sua analisi.

 

Il giovane con la giacca nera torna indietro per uscire dal corridoio passando attraverso una porta a vetri contrassegnata da un’ampia banda orizzontale di colore verde. Anche se identificato con la realtà umana, l’essere-nel-mondo di Heidegger è ancora soggettivo. Ci sono pochissimi visitatori nel museo. Invece di un mondo che fornisce fondamento al vero soggetto umano, è il Dasein che semplicemente fonda il mondo. Delle due “lanterne” elettriche poste sopra al dipinto, solo una è accesa. È il soggettivismo della fenomenologia che porta l’esistenzialismo a concepire l’esistenza umana come “un nulla”. Il giovane con la giacca nera, chiaramente un custode, torna indietro e, mentre passa per una seconda volta davanti all’autore, cerca di capire il genere di attività in cui è impegnato.

 

Tuttavia, al contrario dell’esplicita dottrina fenomenologica. La prima sala della mostra è dedicata a “La guerra di resistenza del popolo Vietnamita contro l’invasione francese nella seconda metà del XIX secolo”. Secondo Tran Duc Thao, la pratica fenomenologica può dare dei risultati in grado di migliorare il soggettivismo. È piena di foto in bianco e nero piuttosto scontate, e di alcuni pezzi di armamenti militari disposti quasi alla rinfusa. Se approfondite, tali analisi, più fedeli alla fenomenologia che alla sua teoria. Sciabole, fucili, cannoni, ecc. Dimostrerebbero che ogni vita umana, “la mia vita”, come la definisce Tran Duc Thao. Una mappa nera del Vietnam, del Laos e della Kampuchea. È stata condizionata da “un certo milieu.”

 

Intarsi di madreperla indicano i nomi delle varie città. Da certe strutture sociali. Molti animali in madreperla coprono il paese da Nord a Sud. Da una certa organizzazione materiale. Velieri in madreperla navigano al largo della costa. E che “la mia vita” diventa ricca di significato solo in queste condizioni. Dentro una teca è appesa la camicia nera “indossata da Doan Hung, un minatore della miniera di carbone di Hon Gai (Quang Ninh) durante gli anni della dominazione francese”. Che devo salvaguardare tali condizioni se voglio che la mia vita mantenga questo significato. Nella seconda sala sono esposte altre foto in bianco e nero, oltre “alla canna del fucile utilizzato da Hoang Dinh Kinh (dell’etnia Tay) per combattere i Francesi a Lang Son, nel 1914.”

Queste condizioni non sono di mia scelta. In un’altra teca sono messi in mostra un tridente e una scimitarra, neri. L’arbitrarietà delle decisioni soggettive non le giustifica. Entrambe le armi furono impiegate contro i Francesi. Perciò sono “oggettive”, ma non nel senso di un mondo di idee che esiste “di per sé”. Appeso al muro c’è un ombrello appartenuto ad “uno dei leader del Partito Nazionale”. Piuttosto, queste strutture appartengono a questo mondo. Non ha la tela. Quindi, secondo Tran Duc Thao, ciò che deve essere esaminato è “un mondo materiale”. Ma solo lo scheletro di metallo che un tempo la sorreggeva. Come sostiene Tran, “l’essere materiale avviluppa la significazione della vita, come vita in questo mondo”.

 

La terza sala documenta “La fondazione del Partito Comunista Vietnamita (1930)”. Il momento della materialità costituisce l’infrastruttura della vita umana come l’ultimo fondamento di ogni significato propriamente umano. Contiene una mappa lignea del mondo, sulla quale sono stati incollati i vari paesi, ritagliati da fogli di compensato, le cui città principali sono illuminate da minuscole lampadine ad indicare “i paesi in cui soggiornò il presidente Ho Chi Minh dal 1911-1941.” Per Tran Duc Thao, solo il materialismo dialettale è in grado di analizzare queste infrastrutture reali. In una famosa scena di Realismo Sovietico, V. I. Lenin, con la sua distintiva barbetta a punta, gesticola verso una folla turbolenta mentre guida la Rivoluzione d’Ottobre.

 

Una sala della mostra attrae la mia attenzione per la presenza di un videoterminale. Portando a termine ciò che in “Existentialisme et matérialisme dialectique” era stato solo descritto in maniera programmatica. Facendosi avanti per osservarlo meglio. Phénoménologie et matérialisme dialectique presenta una lettura delle opere di Husserl allora conosciute, sia quelle edite che quelle inedite. L’autore scopre che il “videoterminale” è solamente un comune apparecchio televisivo. Per Tran ogni cosa s’incentra sulla Terza Indagine di Husserl. Sintonizzato su una famosa soap opera. Il concetto di fondazione in Husserl non è una questione relativa al fatto di derivare l’intelligibile dal sensibile, poiché è essenziale per gli atti “fondati” “intendere” radicalmente nuovi oggetti.

 

“Fucili vietnamiti utilizzati a Dien Bien Phu” sono stati allineati verticalmente in una teca. Ciononostante, la Terza Indagine, considerata assieme alla nozione di “intuizione categorica” della Sesta Indagine di Husserl. La bicicletta di Nguyen Tin (“usata per trasportare viveri alla battaglia di Dien Bien Phu, nel 1954”). Mostra come sia impossibile separare del tutto le essenze dai noccioli sensuali. È esposta come reperto indipendente, poggiata sul proprio cavalletto. Sulla base di questa inseparabilità. Il sellino è nero, ma le ruote e i puntelli sono stati ridipinti di un verde scuro. Tran Duc Thao isola tre “ambiguità” nella teoria fenomenologica di Husserl.

 

Una sala a parte ospita “La ghigliottina collocata dai colonialisti francesi nella prigione di  Hoa Lo (Hanoi).” La prima, secondo Tran, si trova nel concetto di coscienza di Husserl. “La macchina venne impiegata in molte occasioni diverse”, dice la targa.  Tran evidenzia che la presentazione di Husserl di questo concetto “combina il linguaggio kantiano (condizioni per la possibilità dell’esperienza) con il linguaggio cartesiano (il cogito).” “Per decapitare un gran numero di Rivoluzionari Combattenti per l’Indipendenza della Madrepatria”. La seconda ambiguità per Tran Duc Thao si trova nel concetto di costituzione di Husserl. Ogni traccia di sangue è stata attentamente rimossa da quello strumento di morte.

 

 

Già preannunciata dalle altre due, la terza rappresenta l’ambiguità più basilare, e risiede nel concetto stesso di “un oggetto”. Dopo aver riesaminato gli oggetti esposti al primo piano, l’autore si siede vicino alla “Biglietteria” per portare a termine la sua ultima pagina di osservazioni. Secondo Tran, la filosofia tradizionale stabilisce un’opposizione tra l’oggetto della percezione e l’oggetto del giudizio. Attraverso le porte aperte di legno, di color marrone e bianco, poste all’entrata del museo, si può osservare un cortile. L’oggetto del giudizio rimane lo stesso per tutti quanti e per tutto il tempo. È universale ed eterno. Non varia in base alla situazione del sé che lo presuppone. In breve, è un oggetto ideale. Il cielo è nuvoloso.

 

Al contrario, l’oggetto della percezione è reale. È un singolo oggetto che possiede un’esistenza unica. L’oggetto percettivo è “ciò che io percepisco e, in ultima analisi, la sua singolarità si riferisce alla mia effettiva singolarità. Esso esiste contemporaneamente alla mia eistenza”. Una ragazza vietnamita con le scarpe coi tacchi alti di colore nero, scende con passo pesante la scalinata che conduce al secondo piano; i suoi folti capelli corvini le ricadono su un’elegante giacca color verde militare. Nonostante la natura temporale della coscienza, e in particolare nonostante il ruolo della memoria, secondo Tran Duc Thao, “la questione è questa singolare esistenza che, una volta passata, non può più essere percepita ma solo ricordata”.

 

La bella bigliettaia è tornata alla biglietteria. Rispetto a tale opposizione tradizionale, l’originalità di Husserl si fonda “su una concezione radicalmente nuova dei rapporti della conoscenza e (ancor più in generale) del rapporto del pensiero con l’essere. Secondo Tran Duc Thao, “Husserl ci mostra che l’oggetto del giudizio è un’asserzione che si riconnette alla sua intenzionalità fondante. Poiché l’atto fondante è l’intuizione sensibile di una cosa, l’universalità deve riconnettersi a questa singolarità e l’eternità a ciò che accade in un momento”. Tuttavia, invece di mettersi seduta a lavorare, s’infila il suo anorak bianco, tira su la lampo e si prepara ad andarsene, malgrado manchino ancora venti minuti all’orario di chiusura.

 

Come sostiene Tran Duc Thao, con quello che per lui è una specie di grido di guerra (adottato da Experience and Judgment), “l’onni-temporalità stessa non è altro che uno stato della temporalità”. Tira fuori un pettine e lo usa per pettinarsi la lunga e folta capigliatura corvina; dopodichè apre l’astuccio per il trucco, si delinea il contorno delle labbra con un rossetto di color marrone scuro, e si ritocca le ciglia con un pettinino da mascara nero. Una volta riposto l’astuccio nella sua borsetta, si dirige a lunghi passi verso l’uscita, seguita dal ticchettio prodotto dai suoi tacchi. Secondo Tran Duc Thao, l’oggetto percettivo è “un’attualità… irriducibilmente opposta all’idealità dell’oggetto del giudizio”, ma il giudizio, conclude, è comunque sia costituito solamente “sulla base della struttura originale della percezione”.

 

Proprio in quel momento, entrano nel museo un paio di turisti. Per Tran Duc Thao il rapporto profondamente radicato con la sensazione descritta da Husserl implica che l’ideale, l’astratto o l’intelligibile emerga in maniera lineare dal sensibile, dal concreto o dal reale. Avvicinandosi a loro, la bellissima bigliettaia li invita a “tornare domani”, per poi uscire dal museo passando attraverso la porta di color marrone e bianco. Come sostiene Tran Duc Thao, “alla fin fine è sempre nel mondo sensibile reale che i nostri concetti più elevati trovano il fondamento supremo del loro significato intelligibile e il loro vero valore”. Mentre l’autore osserva tutta la scena, altri due addetti al museo se la svignano prima della chiusura, salgono su una moto nera e se ne vanno.